Domotica: non bastano degli oggetti smart, serve un sistema

UN SISTEMA CON PROTOCOLLI (LINGUAGGI) RICONOSCIUTI E CHE CI PROTEGGA AL MEGLIO DA ATTACCHI O FURTI DI DATI

“Gli oggetti ‘smart’: belli, utili, ma…”: ne ho parlato la settimana scorsa, riferendomi in particolare agli assistenti vocali, che sono una categoria di oggetti smart (qui il link all’articolo). Ho sottolineato come, dietro al successo commerciale di questi dispositivi che vengono proposti come ottimi regali di natale, non ci sia forse piena consapevolezza di cosa si stia comprando.

Tra i punti analizzati nell’articolo, voglio oggi approfondirne uno che è quello, a mio avviso, centrale, perché attorno vi ruota tutta l’analisi: acquistare oggetti “intelligenti” non significa acquistare un sistema di domotica.

“SMART” NON È DOMOTICA

Purtroppo le due cose vengono sovrapposte: brand molto noti hanno annunciato la possibilità di far interfacciare assistenti vocali come Amazon Echo o Google Home non solo con lampade o televisori, ma anche con serrature e impianti di allarme.

Ora, ricordiamoci che un sistema domotico funziona attraverso dei linguaggi, i cosiddetti protocolli, e che oggi l’unico protocollo standard riconosciuto a livello mondiale è il KNX. Questo perché è un protocollo aperto, multimarca, cioè comprende prodotti di centinaia di aziende, sottoposti a test di qualità e che garantiscono al cliente molta scelta e l’integrazione di molte funzioni.

È un punto importante: da una decina di anni i professionisti e le aziende KNX integrano, volendo, comandi vocali nei sistemi di domotica, con un controllo continuo:

  • sulla qualità;
  • e sulla sicurezza (ma lo vedremo più sotto).

Quello che le aziende produttrici e distributrici di oggetti “smart” offrono sono tecnologie divertenti e comode da usare, ma non sono il top soprattutto.

Ma non finiamo per complicarci un po’ la vita?

È necessario gestire una app per ogni brand di oggetti “smart” che abbiamo. Il concetto base della domotica, invece, è avere un unico sistema che coordina tutte le funzioni della casa e le fa interagire fra di loro, ottenendo così un intero impianto intelligente (e non solo un oggetto intelligente).

Leggevo un articolo del Sole 24 Ore che vi linko qui.

Ne avevo parlato anch’io (qui).

Stiamo assistendo a due fenomeni nel mondo tecnologico: da una parte la velocità di diffusione del digitale, fenomeno in cui rientra anche il boom degli oggetti “smart”; dall’altra l’aumento del rischio di cyber attacchi, violazioni o furto di dati online. Ed è interessante vedere che, nonostante aumentino la paura di esserne vittime e la sfiducia verso questo altro “lato della medaglia”, le persone non sembrano pensare al pericolo e anzi acquistano con “leggerezza” (senza offesa) gli oggetti “smart” tanto pubblicizzati in queste settimane.

Perché?

Spesso non si pensa proprio che:

  • usando gli oggetti “smart” (ma anche un sistema domotico) si crea un flusso di dati, sulle abitudini che si hanno in casa, i consumi: questi dati possono essere molto utili ai tecnici installatori e programmatori, per “tarare” meglio l’impianto su noi stessi (ad esempio il riscaldamento, il condizionamento, il controllo di certi carichi elettrici); ma questi dati (i nostri dati) possono essere anche una vera miniera d’oro per certe aziende che li vendono per fini commerciali a chissà quante altre aziende;
  • questi dispositivi sono delle porte attraverso cui i malintenzionati del web riescono a entrare in casa nostra, in maniera anche molto facile;
  • questi dispositivi hanno prezzi accessibili, e proprio per questo non possono garantire il livello di sicurezza che un sistema di domotica “serio” invece garantisce. Oppure (per i motivi del punto 1) possono essere degli specchi per allodole: ne viene incentivato l’acquisto per guadagnarci poi sopra, con la vendita dei nostri dati.

CI MIGLIORIAMO DAVVERO LA VITA?

Insomma, considerando che metà della popolazione mondiale oggi è connessa al web (come dicono i dati del World Economic Forum diffusi in questi giorni) e se è vero che in linea di massima sappiamo che sul web non tutto è perfettamente sicuro, dobbiamo tenere alzate le difese anche quando ci propongono degli oggetti molto carini ma di fatto invasivi. Attualmente meno della metà di quanti sono già online credono che la tecnologia migliorerà la loro vita in modo consistente: e pensiamoci, in effetti quello che gli oggetti “smart” ci danno non sono vantaggi enormi. Ci danno comfort, comodità, ma cosa pesa di più alla fine? La possibilità di cambiare serie tv su Netflix con la voce o la sicurezza di tenere i nostri dati e l’accesso ai nostri impianti al sicuro?

Entro il 2020 ci saranno oltre 20 miliardi di dispositivi connessi nel pianeta. Sempre entro il 2020 l’utente di internet medio avrà più di 200 account online ed entro il 2022 150 milioni di persone avranno identità digitali basate su blockchain. (…) Nella prima metà del 2018, oltre 4,5 miliardi di documenti sono stati compromessi da attacchi dolosi contro i 2,7 miliardi dell’intero 2017. (dato World Economic Forum sul Sole 24 Ore)

E ancora: Manca ancora un consensus sulla natura del flusso inarrestabile di dati che sempre più spesso percorrono e si intrecciano con la vita dell’umanità, cioè se siano un nuovo tipo di valuta che le aziende commercializzano oppure un bene pubblico che ha bisogno di una regolamentazione più stringente.

QUINDI?

Dobbiamo fare uno sforzo per smettere di considerare il web come qualcosa di astratto: i nostri dati, quelli che condividiamo attraverso gli oggetti smart e gli assistenti vocali, finiscono in posti ben precisi, in computer e server che qualcuno poi consulta. Le informazioni su di noi sono molto concrete e utili per le aziende.

Alcuni, tuttavia, sono utili anche se non si ha un vero sistema domotico e possono aiutare a ridurre consumi di energia e migliorare il comfort. Prima di acquistarli, però, poniamoci alcune domande:

  1. serve davvero per il comfort, per il risparmio?
  2. O è solo per capriccio, per pigrizia o per fare i fighi?
  3. L’azienda che li produce è conosciuta e inserita nel mercato elettrico ed elettronico o è una azienda sconosciuta che oggi c’è e domani chissà?
  4. È il caso di sentire almeno il mio installatore di fiducia, visto che conosce il mio impianto e mi sa consigliare?

Tutto questo ovviamente non mette al sicuro i nostri dati, ma almeno qualche garanzia in più ce la fornisce. Ci permetterà di fare una cernita di cosa serve e di non essere dei bersagli così facili…