Assistenti vocali: belli, utili ma…

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NON SONO UN SISTEMA DI DOMOTICA: NON GARANTISCONO LO STESSO LIVELLO DI SICUREZZA E DI PROTEZIONE DEI NOSTRI DATI

Il Black Friday e queste settimane di shopping pre natalizio hanno messo in evidenza una sponsorizzazione martellante di assistenti vocali come Google Home o Amazon Echo. Costano relativamente poco, e tramite i nostri comandi svolgono un sacco di funzioni: danno informazioni sul meteo o sul traffico, ci fanno interagire con il televisore, telefonare, impostare sveglie e timer…

Sono oggetti “smart”, intelligenti, che sicuramente danno l’idea di un mondo nuovo e tecnologico, un mondo, però, a noi sempre più familiare, proprio per il prezzo basso e la grande diffusione che stanno avendo.

Ma sono così innocui come ce li presentano?

In effetti, no.

Sapete che non mi piace creare allarmismi: vorrei solo riflettere con voi su cosa stiamo davvero acquistando, oltre alla comodità e ai comandi veloci. Anche in questo caso, infatti, entrano in gioco la nostra sicurezza e la protezione dei nostri dati.

Rispondiamo quindi alla domanda: quando compriamo un assistente vocale, cosa compriamo?

1. UN DISPOSITIVO CHE USA LE NOSTRE INFORMAZIONI

Per funzionare bene, un assistente vocale deve sapere delle cose su di noi: dove abitiamo e dove lavoriamo, per dirci le condizioni meteo o del traffico; quali siti visitiamo e dove sono i nostri account online, per darci delle informazioni che siano collegate, offerte o news; banalmente, quando mettiamo le sveglie o altri timer, stiamo descrivendo la nostra giornata (e nel prossimo punto vedremo che si possono dare informazioni che ci mettono ancora più a rischio…) Bene, siamo consapevoli di questo? E, come ha scritto Il Sole 24 Ore, siamo consapevoli che “gli assistenti vocali tendono a essere piuttosto collaborativi anche con gli sconosciuti”? Vero che sono programmati per il riconoscimento della nostra voce, ma la possibilità che si sbaglino c’è… Ancora: Echo è collegato al nostro account Amazon (ovviamente) e può ordinare della merce su nostra richiesta; è un’opzione attiva di default… occhio! Meglio disabilitarla, per evitare acquisti non previsti.

2. UN DISPOSITIVO CHE GENERA UN FLUSSO DI DATI

Effetto non tanto collaterale, perché ovvio, del punto numero uno. Ricordiamoci che diamo la possibilità a qualcuno di sapere come “usiamo” la nostra casa e il nostro portafoglio. Questi dati (sulle nostre abitudini in casa…) vengono trasmessi a un cloud (vedi anche punto 4) e, se avete letto quest’altro articolo, sapete che un cloud si basa su dei server (dei computer) collocati chissà dove… Avete idea di dove finiscano i vostri dati? Sapete, forse, cosa facciano dei nostri dati i vari Google, Amazon…? Spesso vengono “ceduti” ad altri operatori o società, per migliorare il servizio, tendono a dire… nel frattempo cominciano già a girare per altre mani (anzi, per altri computer).

3. UN DISPOSITIVO “SMART”, SÌ – MA NON UN SISTEMA DI DOMOTICA!

Prendiamo Amazon Echo: tra le funzioni viene anche riportato che “ad Alexa (servizio vocale basato su cloud, ndr) puoi anche chiedere di controllare dispositivi per Casa Intelligente compatibili, come lampadine, interruttori, termostati e molti altri”. E ancora: “Echo ti permette di controllare luci, serrature, interruttori, termostati e molti altri dispositivi”.

“Dispositivi per Casa intelligente” è un altro modo di dire domotica. E qui bisogna scrivere un grande “ma”, perché – e ne parlerò meglio in un prossimo articolo – acquistare oggetti smart non vuol dire acquistare un sistema di domotica. Sì, grandi brand si stanno attrezzando per integrare questi dispositivi, ma non è l’ideale. La domotica ti garantisce un livello di sicurezza che questi assistenti vocali non ti danno. Sicuri di voler lasciare a Echo il controllo delle serrature di casa vostra? Può accadere che accetti il comando “Alexa, apri la porta” dall’esterno, da qualcuno che non siete voi.

3. UN DISPOSITIVO CHE CI ASCOLTA DI CONTINUO

Primo, sia Amazon Echo che Google Home hanno dei microfoni molto potenti – proprio per essere dei buoni assistenti vocali!

Secondo, sia Amazon Echo che Google Home inviano alle due aziende i comandi che pronunciamo e che vengono registrati. “Echo tiene traccia di tutto l’audio che intercetta attorno ai comandi” (Il Sole 24 Ore) Queste registrazioni si possono cancellare? Sì, ma non è un processo così immediato. C’è la funzione di disattivazione dei microfoni, ma vuol dire in pratica avere un assistente vocale “sordo”… e non ha molto senso…

4. UN DISPOSITIVO CHE PUÒ DIVENTARE UNA “PORTA” DA CUI ENTRA CHISSÀ CHI

Collegando un Echo o un Google Home alla rete wi-fi, è come se aprissimo una porta sulla rete wi-fi stessa. È necessaria della protezione in più. È necessario essere più attenti nella scelta del nome della rete e nella scelta delle password. Sì, bisogna pensare anche a questo. Bisogna pensare al fatto che questi oggetti siano hackerabili.

Con lo sviluppo dell’intelligenza artificiale, questi speaker non solo possono agevolmente chiamarci per nome, ma stanno registrando una grande quantità di informazioni sulla nostra famiglia, il nostro lavoro, le nostre abitudini e, manco a dirlo, i nostri consumi. Renderanno forse la vita di tutti noi più facile grazie a un certo grado di automazione, ma non mancheranno i problemi, tanto più grandi, tanto più li considereremo solo dei simpatici gadget. Perché in verità sono molto di più: al punto che trovo assolutamente riduttivo (se non ingannevole) il nome stesso di speaker, visto che la loro principale funzione non è “parlare”, bensì ascoltare. E registrare e profilare! (Massimiliano Dona, Today.it)

DUNQUE?

Vale la pena diffondere tutte queste informazioni sulla nostra casa, le nostre abitudini e noi stessi solo per evitare la “fatica” o risparmiare qualche secondo nell’attivare funzioni che potremmo attivare con un interruttore, una tastiera o un telefonino? È vero, gli oggetti smart semplificano la vita… ma vale la pena correre certi rischi?